Enea ha viaggiato a lungo prima di giungere nel Lazio, è stato a Creta, in Sicilia e persino nel Regno degli Inferi, ma dovunque sia andato, l'eroe troiano ha sempre tenuto a mente il compito che gli era stato affidato: fondare in Italia un nuovo popolo. Per questo motivo ogni sua scelta, ogni sua fatica, è fatta in funzione di tale compito.
Questo tipo di mentalità oggi distingue le persone felici da quelle infelici perchè se la vita è vissuta con uno scopo, con la consapevolezza che c'è un motivo grande per cui vivere e con la certezza che non si vive, soffre, gioisce invano, allora la vita diventa un cammino verso una meta, ma una vita vissuta come pura reazione al presente, vissuta "alla giornata" diventa inutile e noiosa, perchè la vita, come qualunque altra cosa, non vale la pena di essere vissuta senza uno scopo.
Se Enea non avesse sempre avuto a mente questo concetto, il suo scopo, non avrebbe lasciato il re troiano Aceste in Sicilia.
Una poesia di G. Leopardi riprende questo contenuto, "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia" e voglio citarne alcuni versi: "Pur tu, solinga, eterna peregrina che si pensosa sei, tu forse intendi questo viver terreno, il patir nostro, il sospirar che sia, che sia questo morir, questo supremo scolorir del sembiante e perir dalla terra, e venir meno ad ogni usata, amante compagnia". In questi versi Leopardi si chiede se c'è qualcosa per la quale vale la pena per cui egli sia.
Enea ha la certezza che questo qualcosa c'è e infatti ogni sofferenza è lenita da questa consapevolezza: quando Enea incontra Didone, lei è molto più infelice di Enea, sa solo di aver perso l'amante, ma non sa perchè, il suo dolore è sofferto invano mentre quello di Enea è, in parte, lenito dalla conoscenza di un fine e dalla consapevolezza che ogni dolore non è sofferto per nulla.
Ci sono ancora oggi persone come Enea, che hanno coscienza del loro scopo, che si impegnano in ogni aspetto della vita come derivazione dell'impegno verso tale scopo.
Ogni età porta con sè uno scopo, e ciascuno di essi conduce allo scopo finale: impegnandoci con ogni compito della vita arriveremo a impegnarci in ogni aspetto della vita e quindi a impegnarci globalmente con la vita stessa. Gli studenti della nostra età non sanno qual'è il loro scopo, il loro compito, però sanno che a quattordici anni la vita li chiama a impegnarsi nello studio, da adulti la vita li chiamerà ad essere bravi genitori e così via, proprio come Enea ha dovuto impegnarsi a trovare il ramo d'oro per entrare negli Inferi, come derivazione da un impegno verso il suo compito finale.
Ci sono anche persone però che sciupano la loro vita, che fanno le cose perchè devono o sono obbligati, che vedono ogni incarico come un lavoro forzato: spero che queste persone cambino il modo con cui vivono la vita, perchè altrimenti sprecheranno molte occasioni.
Ricordo una frase di Don Giussani affissa fuori da un'aula della scuola media che ho frequentato (La Zolla): "E' davvero triste fare le cose solo per obbligo".
domenica 25 maggio 2008
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