Qualche tempo fa mi capitò di incontrare un piccolo nano,indossava due grossi scarponi da montagna, un cappellino molto stretto e due lunghe bretelle verdi. Era alto più o meno fino al mio ginocchio e malgrado fosse simpatico a tutti, era triste perché non sapeva fare nessuno sport, data la sua altezza. Mi disse che a calcio non riusciva neppure a calciare il pallone, tanto era piccolo di statura, a basket rischiava di rimanere schiacciato da un palleggio, e a pallavolo arrivava a malapena alla prima fila di quadretti della rete.Il mio piccolo amico era senza speranza; fu così che gli consigliai di provare lo sport di alcuni miei amici; utile, sano e alla portata di tutti .Così portai il mio amico nel luogo di cui gli avevo parlato: un bosco appena vicino a casa mia, con grandi alberi, lunghi ma senza rami o foglie.C’ erano strani sassi colorati e a punta e strane ragnatele a quadretti; e qua e là altri oggetti che il mio amico non aveva mai visto.La cosa che lo colpì di più era la mascotte del bosco: un cavallo che parlava sempre con un lungo serpente senza occhi e bocca. C’ erano varie persone che si muovevano in modo buffo, con strane danze che il mio amico reputò assurde: il serpente veniva fatto roteare e uno ci saltava dentro; sul cavallo ci saltavano in mille, per poi scendere subito con un balzo veloce. Altri si arrampicavano sulle ragnatele, rimanevano appesi lì e si piegavano di continuo su e giù, su e giù. Al mio amico quel posto iniziò a piacere, anche perchè riusciva a danzare bene quanto,anzi,più degli altri,in quanto più piccolo e quindi più agile. Ogni tanto mi capita di passare per la palestra di atletica dove si allena il mio amico, e mi piace vedere come una persona possa diventare felice trasformando un suo difetto in un pregio.
Matteo Manelli 1A
Matteo Manelli 1A
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L’ innamorato (gusto puffo-vespasiano-dito incastrato-burocrazia)
Il cuore gli stava scoppiando in petto. Quell’ attesa lo stava torturando. Quella sera non era come tutte le altre, era speciale. Già altre volte lui e la sua fidanzata, anche lei inglese, avevano cenato insieme al ristorante; ma stavolta lui, un povero ebreo come tanti altri, avrebbe toccato il cielo con un dito se lei avesse accettato di sposarlo. Mentre era in coda al vespasiano pensava a lei, il suo tesoro, la sola cosa che la vita gli avesse donato di prezioso. Più tardi si incamminò verso il ristorante, luogo dell’ appuntamento. Durante il tragitto ripensò a come aveva pianificato di darle l’ anello: dopo aver desinato, lei avrebbe come al solito ordinato il gelato al gusto puffo, il suo gusto preferito, ma dopo aver assaggiato il gelato avrebbe stretto l’ anello e lui avrebbe visto il suo volto riempirsi di lacrime e pronunciare il tanto atteso “si”. Dato che la burocrazia non permetteva agli inglesi di sposarsi in poco tempo, si sarebbero sposati a Milano, confondendosi coi già numerosi immigrati clandestini .Tutto andò come previsto, il cuore al momento del dessert sembrava inarrestabile quando lei i8niziò a mangiare il gelato.1 cucchiaino. Non si era ancora accorta dell’ anello. 2 cucchiaini.l’ anello sarà scivolato sul fondo del bicchiere, pensò.3,4,5,10 cucchiaini e la coppa era vuota.evidentemente i camerieri avevano accidentalmente scambiato i gelati,la sua fidanzata non poteva essersi deliberatamente ingoiata un anello con diamante senza accorgersene. E invece era proprio così. Sicuramente lei si sarebbe accorta di tutto non appena fosse andata in bagno, e per evitarle un trauma cercò di dirle tutto;man mano che capiva cosa le era successo, il suo respiro diventava sempre più affannoso e i suoi occhi iniziavano a dilatarsi. Si passò timidamente la mano sulla gola, come per volersi accertare che l’ anello non le fosse rimasto incastrato da qualche parte; fu allora che diede un grosso ceffone al fidanzato per averle fatto correre il rischio di soffocare qualora l’ anello le fosse rimasto incastrato in gola, il tutto per una proposta di matrimonio che rischiava di diventare un funerale.La loro storia era finita,e lui doveva ancora finire di pagare le rate del l’ anello; così per saldare il debito con la gioielleria scrisse un romanzo ispirato alla sua disavventura, intitolato: il signore degli anelli.
MATTEO MANELLI 1 A
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Alla ricerca della felicità (Ultrasuono-ruttino-testa-benzinaio)
Era notte ormai, e le prime luci della città incominciavano a brillare.Era rimasto chiuso in garage da due ore, saltando la cena, ma ne valeva la pena. La corsa motociclistica che ci sarebbe stata da lì a poco l’avrebbe esaltato come mai prima d’ora. Già sentiva le vene cariche, prone a pompare adrenalina a più non posso, sentiva già il ronzio del motore, simile ad un ultrasuono, superare i 100 km. orari. Avrebbe vinto lui. Stava solo dando alla sua moto un’ultima revisione prima della gara, immerso nel silenzio della notte, rotto solo dalle lievi pacche che sua madre stava dando al neonato fratellino, sperando di deciderlo a fare un ruttino. Era pronta. Lui era pronto. Si diresse al luogo prestabilito e dopo qualche minuto il silenzio della campagna fu rotto da 2,3,4,8 motori che sfrecciavano verso il traguardo, distante 2 chilometri. All’inizio sembrava che tutto andasse bene, era in testa alla gara, ma poi nonostante la revisione, la moto iniziò a perdere colpi, facendolo arrivare al traguardo solo terzo. Ormai però non gli importava vincere più di tanto; era un mese che organizzava queste corse clandestine. Tornò a casa annoiato, più che deluso per la mancata vittoria, andò a dormire pensando a qualcosa da fare di più eccitante di una corsa in moto. La mattina seguente vide sul giornale l’annuncio riguardante l’apertura di una nuova palestra. Forse si sarebbe sentito felice e divertito a sviluppare quei suoi molli tricipiti. Dopo un mese e mezzo però, anche la palestra sapeva di vecchio. All’ inizio il suo neo fisico possente gli piaceva; ma poi capì che saltando, anche se per poche volte, gli allenamenti sarebbe tornato il rammollito di sempre: la sua felicità doveva dipendere da quell’ ora quotidiana di flessioni e sport? No. Doveva essere qualcosa di suo che niente e nessuno poteva toglierli. Passeggiando, la Domenica seguente, per le vie del centro, capì come poter passare le giornate. Il free climbing gli avrebbe portato nuove emozioni, avrebbe vissuto col brivido del vuoto sotto i piedi e il cielo sulla testa. Stava funzionando. Lui e il suo solito gruppo di amici, compagni inseparabili di 1000 avventure, stavano scalando uno alla volta tutti i grattacieli del centro. La sensazione dell’ aria fresca che ti accarezza il viso e ti fa lacrimare gli occhi era stupenda, ma destinata a svanire: durante una scalata infatti, una delle corde si ruppe, e lui sarebbe precipitato giù se attorno a quell’ antenna provvidenziale non si fossero attaccati tutti gli altri fili, facendolo restare appeso sino all’ arrivo dei pompieri: ovvero 1 ora più tardi. Dopo il giusto rimprovero materno e paterno, capì che la sua felicità doveva renderlo orgoglioso di ciò che faceva: se lui e il gruppo avessero fatto qualche danno in città, come una rapina o un atto di vandalismo, i telegiornali di cronaca nera li avrebbero resi celebri, sapevano di poter ottenere il potere sulla città, perché ognuno si sarebbe chiesto se sarebbe stata la prossima vittima. Il potere. Doveva per forza essere quella la fonte della felicità, cos’altro se no? Iniziarono così i tre mesi di misteriose rapine, distruzioni, scippi, furti, violenze. Malgrado il teatro di tali avvenimenti fosse una città molto piccola, la polizia non riusciva a rintracciare la terribile banda.
Tuttavia grazie a un’imboscata ben architettata dal commissario, gli otto amici furono colti con le mani nel sacco mentre distruggevano un benzinaio. Per loro fortuna furono spediti in riformatorio, e non in galera, poiché non erano ancora maggiorenni. Erano in celle separate, e il protagonista di questa storia capì che la sua vita era un disastro completo, poiché non riusciva a capire cosa rendesse felici. Era un grigio mattino di dicembre quando la guardia annunciò che c’era una visita per lui. Piuttosto sorpreso si alzò e andò a vedere chi lo desiderava: un uomo sui quarant’anni con una nuca semicalva, un paio di occhiali e un abito scuro lo fissava con espressione indecifrabile.
Il fatto di essere studiato come una cavia da quell’uomo lo mise piuttosto a disagio, e ancor più a disagio la strana “t” di legno che l’uomo stringeva nella sua mano destra. Non appena si sedette l’uomo parlò, rivelando una voce incredibilmente dolce ma profonda. Ciao, “Yamal” disse.
In pochi lo chiamavano col suo vero nome arabo; tutti gli altri, genitori compresi, solevano chiamarlo Yam. Non si stupì del fatto che lui conoscesse il suo nome, ma al contrario fu spiazzato dal fatto che l’uomo fosse alzato in piedi e avesse iniziato a leggergli una storia scritta su un libricino che estrasse rapidamente dalla tasca.
La storia parlava di un uomo molto ricco ma infelice, poiché disprezzato da tutti in quanto esattore delle tasse; costui credeva di trovare felicità in ciò che faceva, ma rimaneva sempre deluso. Un giorno incontrò un uomo, che si diceva facesse miracoli, che fosse il Messia.
L’esattore credeva che fosse venuto a fargli la predica come molti altri prima di lui, e invece gli disse solo una parola, “seguimi”. E lui, vedendo in quell’uomo la felicità che aveva da sempre cercato, lo seguì senza proferir parola. L’uomo, alla fine del racconto, si sedette. I due si guardarono per qualche attimo negli occhi. Ad un certo punto Yamal capì che non era sbagliato cercare di essere felici, era sbagliato pensare che la malavita, il brivido fossero una fonte inesauribile di felicità. Capì che chi credeva in quella religione chiamata cristianesimo aveva una fede che guidava il pensiero e rendeva sicuro l’agire, sicchè ogni piccola cosa era motivo di felicità, perché è derivante dall’incontro con quella persona che ha cambiato la vita a molti, che ha cambiato la vita a Yamal convertitosi al cristianesimo per poter incontrare anche lui quella persona di nome Gesù.
Matteo Manelli 1A
2 commenti:
bella mattew cm stai bello il racconto!
MATTEW BEL LAVORO!
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